L’intervista: Il “j’accuse” di Gian Ruggero Manzoni al capitalismo globale


L’ intervista all’ artista romagnolo, autore del provocatorio saggio contro la globalizzazione “Lunga vita al Genius Loci”

Gian Ruggero Manzoni
Gian Ruggero Manzoni

Ancora se ne parla, ciononostante sia passato quasi un anno dalla pubblicazione del provocatorio saggio contro la globalizzazione, come eloquentemente evidenziato dal titolo Lunga vita al Genius Loci”, sottotitolo per gl’irriducibili (Edizione Libri da bruciare, collana I Cerini – www.libridabruciare.it), scritto da Gian Ruggero Manzoni, artista romagnolo (nato a San Lorenzo di Lugo nel 1957) a trecentosessanta gradi, conosciuto e stimato anche all’estero, enfant terrible della letteratura e dell’arte italiane.

«A parte gli articoli positivi, in cartaceo e web – commenta l’autore – nessuna voce importante dell’establishment culturale o politico, direttamente e pubblicamente, ha attaccato il mio libro anzi, ho ricevuto anche consensi da intellettuali, artisti, personaggi lontani dal mio modo di pensare o che credevo, addirittura, contro il mio modo di pormi, visti gli scontri vissuti in passato. Quelle poche critiche sono giunte dai soliti conformisti di turno, oggi votati al “politicamente corretto”, ma di quelli, sinceramente, non ho mai saputo che farmene. L’analisi che ho portato avanti in Lunga vita al Genius Loci infine risulta trasversale e condivisibile per chiunque possa vantare ancora un briciolo di cervello funzionante in questo mondo sempre più folle, alienato, privo di buon senso, nonché votato, unicamente, a logiche di ordine capital-liberiste, consumistico all’inverosimile, junglesco». «Forse che molta gente si stia stancando del come stanno andando le cose e sia giunta a un punto limite?». S’interroga lo stesso Manzoni, che risponde: «Può essere. In parte lo si avverte quando ti ritrovi a parlare con degli sconosciuti nelle sale d’attesa dei medici, in coda in Posta, nel bar di un aeroporto, in autobus, dal droghiere. Le battute, anche se fra i denti, vanno. Il Sistema non funzione. Questo Sistema è al limite del collasso. Sì, è prossimo allo sfascio. Quindi, il mio Genius Loci, è infine piaciuto, almeno a coloro che si sono espressi in merito, ma anche solo riconoscendomi il coraggio di avere dato alle stampe un libro totalmente contro corrente, invece quei pochi “bastian contrari” sono ricorsi alla definizione ormai di moda “demagogia populista”, seppure lo folta bibliografia che ho riportato in coda al mio testo, ma anche questa è ormai prassi in una società che vedo sempre più rivolta a una contrapposizione netta di ordine manicheo, seppure tutti si appellino alla moderazione e all’equilibrio. Moderazione che, quale uomo comunque dell’estremo, in me non ha mai fatto casa, quindi va più che bene così, che mi si tacci di massimalismo, di integralismo, di fondamentalismo, di radicalismo. Ci sta. Infine mi eleva. In un mondo in cui ci si esalta perché un calciatore ha fatto un goal o perché si è vinto al Gratta e Vinci, cosa potrei desiderare di più dell’essere considerato un esaltato per arte e per sapere?».

Cos’è il Genius Loci, una condizione inerente più al singolo o più alla collettività, più all’aspetto mentale e identitario o più all’aspetto materiale e territoriale?

«Genius loci è tutto quello che lei ha qui citato. Si riferisce sia al singolo che alla comunità di cui fa parte, sia alla mente che ai geni culturali che determinano una data identità, sia alla materia con cui si ha a che fare, concreta o teorica che sia, che al territorio, quindi all’habitat, che te la fornisce, nonché a dimensioni soprattutto di ordine spirituale, metafisico, mistico, ma non religioso, vivendo, io, le religioni, esclusivamente da un punto di vista socio-antropologico, non quale credente in esse, quindi come componenti esclusivamente di ordine tradizionale, non quali possibili riferimenti nei confronti di un trascendente. Amo la storia delle religioni perché studiandola si comprende moltissimo dei popoli che abitano questo nostro pianeta, ma non amo le religioni di per sé, e la sfumatura mi pare più che evidente e chiara. Detto questo so che in me vivono la tradizione giudaico-cristiana, alla quale appartengo, ma anche il paganesimo, che fu della classicità oppure del barbarico, nonché il Nichilismo alto, che ha segnato non poco il pensiero occidentale ».

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La copertina dell’opera di Manzoni

Esistono oggi uno o più luoghi, comunità, popoli, individui comuni, artisti, letterati, intellettuali, la cui condizione esistenziale sia improntata a una identità culturale della tradizione e del nomos riconducibile al Genius Loci come da lei inteso?

«Certo, sia fra noi che facciamo parte, erroneamente, del mondo cosiddetto evoluto o emancipato, sia in quello che viene definito Terzo o Quarto mondo. Forse che la globalizzazione impostaci abbia cancellato, in un attimo, quelli che definisco gli antichi valori, gli archetipi, il senso dell’origine in questa o quella realtà umana e geografica? Difficile sradicare querce del genere. Stanno tentando in tutti i modi, soprattutto nelle nuove generazioni, di introdurre altri modelli e altri sistemi di vita, omologanti e omogeneizzanti, in parte ci stanno riuscendo, ma i Guardiani del Sacro Fuoco, come un tempo venivano definiti, esistono ancora. Di certo si è calati di numero, ma anche questo è sempre successo se si prendono in considerazione i corsi e ricorsi della storia dell’umanità. Del resto si stanno delineando, a livello espressivo, due linee sempre più nette di tendenza, cioè tra chi si sta vendendo alle logiche della mondializzazione e chi, invece, sta tenendo duro, ben curando il suo rizoma, se vogliamo tirare in ballo delle categorie care a Deleuze, e, in un certo agire in ambito artistico o culturale, lo stesso appare più che evidente. Oggi in arte la partita la si gioca fra queste due componenti, tra chi radicato e chi nomade. Ma non solo in arte».

Quali i benefici che ne trarrebbero singoli e comunità dal punto di vista politico, economico e finanziario se si tornasse a vivere all’insegna Genius Loci?

«Il gestire veramente in comune, con onestà e dedizione, come ho accennato nella risposta precedente, il bene pubblico, sarebbe già una conquista non da poco in un mondo totalmente in mano alla corruzione. Poi e con estrema sincerità il Genius Loci non necessita di molto al fine di vivere o di farti vivere. In sé racchiude quasi una sorta di semplicità e frugalità monastica, per dirla tutta. Anzi, si pone, proprio, contro l’edonismo, gli sfrenati consumi, il dio denaro, lo spreco, gli status symbol, le mode, lo shopping compulsivo. A tal proposito mi sovvengono le teorizzazioni di un grande uomo come lo fu il romeno Corneliu Zelea Codreanu, da cui sono stato oltremodo ispirato. Un uomo che innalzava lo spirito e non amava l’ignoranza e la volgarità che di solito il denaro produce o porta con sé nella contemporaneità. Colui che fondò la Guardia di Ferro, alla quale aderirono Cioran e altri giovani intellettuali dell’epoca. Un uomo che teorizzò che a un popolo necessita unicamente una fede salda, una buona gestione dell’agricoltura, una valorizzazione dell’artigianato di eccellenza e una scienza votata alla salute pubblica al fine di poter vivere come Dio, lui fervido credente, comanda. Tutto il resto è infine un di più, a pensarci bene».

Con questo saggio a quale pubblico di lettori ha inteso rivolgersi?

«A tutti coloro che si pongono o desiderano porsi contro l’attuale Sistema vigente. Magari lo leggessero anche i giovani, forse un qualcosa in più comprenderebbero riguardo il loro futuro, o, meglio, riguardo il come certuni stanno scegliendo delinquenzialmente per loro il domani. La parola condizionamento, quando si parla di potere coercitivo, non ha tempo, è sempre attuale».

Oggi chi sono gli irriducibili a cui ha dedicato il sottotitolo. Vuole farci qualche nome?

«Lo ripeto, ne esistono ancora, li si trova, solitamente, nelle province, mai nelle capitali degl’imperi. Forse è per questo che da sempre ho deciso di abitare in provincia. A livello artistico, in Italia, potrei nominare Paladino, sotto certi aspetti Ontani, amici scultori di area emiliano-romagnola, per restare nel mio specifico, come Scardovi, Monari, Guidi, Zanni, un esoterico come Zanoni, oppure pittori come Galliani, Samorì, Pellegrini, Baricchi, Cucchi nei suoi disegni, i poeti dialettali, tanti altri poeti e scrittori che per comporre versi o narrare partono da conoscenze, modi di essere, modi di dire, usi, costumi, tradizioni legati alla loro terra d’origine. Allora, diciamo meglio, tutti coloro in cui si denota un ben netto marchio di fabbrica, non un generico Made in China».

Lei è romagnolo, appunto, da molte generazioni. Nonostante in giovinezza abbia vissuto in giro per il mondo e, non di rado, in zone calde di guerra, da circa un decennio è tornato ad abitare definitivamente nel suo territorio e nella dimora che fu della sua famiglia, forse una scelta coerente con le sue teorizzazioni?

«Certo. E amo ascoltare il come le mie radici penetrino sempre più a fondo in quella che è stata da cinquecento anni la terra natale della mia famiglia. Il vantaggio di avere quel minimo di storia famigliare che ti permette di sapere chi fossero e dove abitassero i tuoi avi non è vantaggio da poco, almeno per me. Poi, prima di essere romagnoli, come Manzoni, siamo stati veneti, nonché si parla, verso l’anno 1150, di una nostra venuta dalla Germania in Italia, in Val Brembana e Val Sassina, quindi in Lombardia, infine vera culla della mia gens. Questi i luoghi là dove vado a portare doni al mio Genius Loci e che il Genius Loci mi restituisce centuplicati».

Lugo di Romagna, suggestivo notturno del monumento dedicato al concittadino Francesco Baracca, eroe dell'Aeronautica nella I Guerra Mondiale- l'opera è stata realizzata nel 1936 da Domenico Rambelli
Lugo di Romagna, suggestivo notturno del monumento dedicato al concittadino Francesco Baracca, eroe dell’Aeronautica nella I Guerra Mondiale- l’opera è stata realizzata nel 1936 da Domenico Rambelli, scultore faentino. Foto M.Zanoni.

Non crede che alcune sue pagine relative alle attuali migrazioni di massa e ai movimenti dei popoli da un continente all’altro possano suonare come discriminatorie e razziste?

«Io, nel libro, ho parlato di etnie, non di razze, quindi ho parlato di popoli, non di colore della pelle o di che altro si distacchi dal nostro essere europei fisiognomicamente e mentalmente parlando, o italiani o, io aggiungo, romagnoli, visto che sono un romagnolo doc. Diciamo che sono fra quelli che da sempre sostengono che necessiti aiutare le altre etnie là dove si trovano, cioè a casa loro, non creando situazioni tragiche e umilianti, sia per chi di quelle etnie arriva da noi sia per noi che li stiamo accogliendo in maniera sconsiderata e irrazionale. Le attuali migrazioni non sono assolutamente da paragonarsi con quelle di un tempo, che videro anche dei nostri italiani espatriare. Allora si andava verso mondi sconfinati, popolati minimamente, vedi continente americano oppure Australia, o ci si recava dove veniva richiesta forza lavora dai governi degli Stati nei quali, poi, patteggiato il tutto col governo italiano del tempo, venivi subito occupato, e a tal proposito si pensino, ad esempio, ai nostri migranti giunti in Francia, Belgio, Svizzera, Germania e anche Gran Bretagna, destinati alle miniere o ad altri lavori solitamente di braccia e di sacrificio, oggi, invece, con la crisi economica in atto e con i metodi di produzione che si hanno, con la robotica dominante nonché con la disoccupazione che morde Europa e Stati Uniti, come e dove poter impiegare tutta questa gente che arriva? Là dove stanno, invece, si potrebbe tentare di metterli, senza rigurgiti colonialisti, in condizioni di potersi sostenere. Riguardo profughi di guerra, beh, per come la penso io, gli uomini validi, come molti ne vedo giungere, secondo certi miei parametri, dovrebbero lottare là, nelle loro Nazioni, per la propria terra, per la propria famiglia, per i propri figli, scegliendo la parte con cui schierarsi. Se durante la Seconda Guerra Mondiale tutti se ne fossero andati dagli Stati colpiti dal conflitto cosa sarebbe successo? Forse che i russi, che hanno dato circa una ventina di milioni di morti a quella carneficina, dal 1941 al 1945 abbiano espatriato in massa? E questo è un esempio tra infiniti altri. Neppure le donne e i bambini se ne andarono dalla Russia. Decisamente non ci siamo. Tutto ciò puzza di strategie oltremodo criminali ancora una volta stabilite a tavolino da chi vuole determinare il destino del mondo a livello finanziario, magari sacrificando certe Nazioni o certi popoli in favore di altri. Ma il discorso sarebbe troppo lungo da farsi qui, si legga il mio libro e, in parte, si potranno comprendere certi perché. Per finire, io divido gli uomini in degni e non degni, in base ai loro comportamenti etici, non li divido, e lo ripeto, per il colore della pelle, per come hanno gli occhi, per il Dio in cui credono, per quel che mangiano, per gusti sessuali. Quindi li qualifico in base ai valori che portano nella mente e nel petto, non per altro. Ah, altra questione non da poco, noi italiani abbiamo ripreso a migrare per questioni inerenti la mancanza di lavoro e di prospettive, e, nel contempo, stiamo accogliendo migranti … non le sembra il paradosso dei paradossi?».

MARILENA SPATARO

Marilena Spataro è giornalista freelance. Nata in provincia di Reggio Calabria, attualmente vive e lavora tra Bologna e la Romagna. Collabora con testate di arte e cultura. Ha diretto una rivista di ecologia e benessere e lavorato presso case editrici di livello nazionale. Svolge anche attività di addetto stampa/PR/organizzazione di eventi