Iraq: nel campo di Debaga oltre 16mila bambini sfollati


Il drammatico racconto al personale dell’Unicef dei fuggitivi da Mosul

Migliaia di bambini a rischio nell'assedio di Mosul, seconda città dell'Iraq
Migliaia di bambini a rischio nell’assedio di Mosul, seconda città dell’Iraq

ROMA – Mentre prosegue la battaglia per la liberazione di Mosul, ancora in mano ai miliziani dell’Isis, cresce il numero degli sfollati, molti dei quali in fuga dalla roccaforte del Califfato nero.

In tutto l’Iraq, sono 4,7 milioni i bambini che sono stati direttamente coinvolti dal conflitto con i miliziani jihadisti e 3,5 milioni di piccoli non frequentano la scuola. Secondo l’Unicef, inoltre, oltre mezzo milione di bambini potrebbero essere ancora a Mosul.

La situazione più preoccupante è nel campo di Debaga, dove ci sono più di 16.000 bambini sfollati da varie zone nel nord dell’Iraq.

Molti hanno vissuto sotto l’autoproclamato Stato islamico e camminato per lunghe ore con le loro famiglie per raggiungere un posto sicuro.

I loro racconti, come spiega l’Unicef, hanno confermato che anche se così piccoli, hanno già avuto una vita piena di sofferenze.

«I bambini sono veramente al centro di questo conflitto. Molti sono in stato di choc. Hanno bisogno di un luogo sicuro per giocare, imparare e sognare, per poter essere bambini ancora una volta», ha detto Peter Hawkins, Rappresentante dell’organizzazione in Iraq.

In questi giorni si è svolta una missione di operatori Unicef al campo per visitare spazi a misura di bambino, scuole e centri per le vaccinazioni: i bambini si sono precipitati verso di loro, hanno preso le loro mani e non hanno mai smesso di parlare.

Queste sono alcune delle loro storie.

Maher, 14 anni, è stato nel campo di Debaga per soli 15 giorni. Maher ha descritto come, insieme alla sorellina Zahra e ai genitori abbia camminato per più di 15 ore per raggiungere questo campo. Ha indicato i piedi, e le sue ciabatte di plastica usurate.

Haitham, 12, ha raccontato che è andato a scuola in Iraq per quasi due anni. «L’unica scuola che avrei potuto frequentare era una scuola Daesh», ha detto, usando il termine locale per indicare lo Stato islamico. «Volevano solo insegnarci come usare le armi», ha continuato, fingendo di sparare con le mani. «Ma io non volevo. Non voglio usare le armi, non mi piacciono le pistole. Voglio solo tornare a scuola».

Sana sembrava avesse solo 18 anni. Il suo volto era coperto, ma ha voluto parlare. Ha detto che aveva tre figli. «Ho camminato per ore e ore, portando le mie due bambine», ha raccontato, senza fare alcun riferimento al suo terzo figlio.