Tassa rifiuti, rincari colpiscono negozi ortofrutta e bar


Indagine Cgia di Mestre: in Italia si pagano in tutto 8,8 miliardi di euro

La tassa sui rifiuti pesa sui bilanci delle attività commerciali
La tassa sui rifiuti pesa sui bilanci delle attività commerciali

ROMA – Dalla Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale). Dalla Tares (Tassa rifiuti e servizi) alla Tari (Tassa rifiuti). Cambia il nome del balzello sui rifiuti, ma la sostanza non cambia. I cittadini e le aziende sono costretti a pagare sempre di più, nonostante il servizio spesso faccia acqua da tutte le parti. Tra il 2010 e il 2016 i negozi di frutta, i bar e i ristoranti hanno subìto un aumento della tariffa per l’asporto dei rifiuti oscillante tra il 30 e il 50%. Per i negozi di ortofrutta l’aumento medio è stato di 449 euro (+49,5%); i ristoranti, le trattorie, le pizzerie. hanno versato 988 euro in più (+41,4%), i bar hanno subito un aggravio di 206 euro (+30,9%). Colpiti dai rincari anche i saloni dei parrucchieri che hanno registrato un aumento di 88 euro (+ 24,2%). Le attività alberghiere, invece, hanno subito un prelievo aggiuntivo di 827 euro (+14,1%), gli studi professionali di 61 euro (+6,6%), mentre il titolare di una carrozzeria/autofficina ha pagato 14 euro in più (+2,5%). Per le famiglie, invece, la crescita è stata mediamente più contenuta. È quanto emerge da un’analisi della Cgia di Mestre. Per un nucleo con 2 componenti l’incremento è stato del 33,7%, con 3 del 36,2% e con 4 del 32,6%. «Il costo dell’asporto rifiuti, purtroppo, ha assunto dimensioni molto preoccupanti – sottolinea in una nota l’associazione -. L’ultimo dato disponibile ci dice che le famiglie e le imprese italiane pagano quasi 8,8 miliardi di euro l’anno. Sebbene la produzione dei rifiuti abbia subìto in questi ultimi anni una contrazione molto significativa (2,8 milioni di tonnellate in meno tra il 2007 e il 2014) e l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata notevolmente (+64,4 per cento sempre tra il 2007 e il 2014), le famiglie e le aziende sono state costrette a pagare di più, nonostante la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Anzi, in molte aree del Paese è addirittura peggiorato». «Finché non arriveremo alla definizione dei costi standard – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema. Secondo l’Antitrust tra le oltre 10.000 società controllate o partecipate dagli enti locali che forniscono servizi pubblici, tra cui anche la raccolta dei rifiuti, circa il 30 per cento sono stabilmente in perdita. Una mala gestio che la politica non è ancora riuscita a risolvere».