“Obbedisco”: così Garibaldi cambiò la storia d’Italia


Il celebre telegramma di Garibaldi sarà visibile fino al 30 settembre al Museo di Bezzecca

Il celebre telegramma inviato da Garibaldi sarà in Valle di Ledro fino al 30 settembre
Il celebre telegramma inviato da Garibaldi sarà in Valle di Ledro fino al 30 settembre

ROMA – “Obbedisco”. Una semplice parola capace di cambiare corso alla storia del nascente Regno d’Italia e posticipare di cinquant’anni l’annessione del Trentino. È la celebre dichiarazione scritta da Garibaldi 150 anni fa a Bezzecca, in risposta alla richiesta del Re Emanuele II di interrompere l’azione militare nella valle di Ledro, allora cerniera tra l’italiana Valle del Chiese e l’austroungarica zona dell’Alto Lago di Garda, sempre in Trentino. Venne scritta in risposta ad una precisa richiesta del generale La Marmora, venti giorni dopo la vittoria dei ottenuta dai Corpo dei Volontari Italiani sulla locale guarnigione austriaca che di fatto avrebbe spalancato ai Garibaldini la strada verso Trento e la sua conquista cinquant’anni prima della Grande Guerra. Fino al 30 settembre questa importante pagina della storia d’Italia sarà visibile al pubblico per la prima volta nella mostra allestita nel piccolo Museo Garibaldino di Bezzecca, in Valle di Ledro, nell’ambito degli eventi commemorativi “Bezzecca 150 Obbedisco”, che vedono come pezzo forte proprio lo scritto inviato il 9 agosto 1866 da Garibaldi in risposta al dispaccio 1073 con il quale il generale La Marmora chiedeva all’Eroe dei Due Mondi di bloccare ogni azione militare e di rientrare nei confini del Regno. L’importante documentazione storica è arrivata in Trentino dall’Archivio di Stato di Torino dove è custodita assieme all’archivio privato di casa Savoia. La mostra è stata inaugurata nei giorni scorsi con la presenza della riminese Elide Olmeda, pronipote del telegrafista Respicio Olmeda Bilancioni, che a Padova ricevette il telegramma con l’Obbedisco e lo consegnò al generale La Marmora, che poi lo diede a Re Vittorio Emanuele II.

In migliaia al seguito di Garibaldi: ecco chi erano

A fare da cornice alla mostra c’è anche il progetto “Mappa Ritrovata” promosso dall’associazione Araba Fenice, dal Museo Garibaldino ed altre realtà culturali del Trentino e finalizzata a risalire ai nomi e alle provenienze di gran parte dei 43mila soldati del Corpo Volontari Italiani coinvolti nella campagna del Trentino e, in particolare, nella battaglia di Bezzecca. Uno scontro con epicentro il Colle di S.Stefano, che si affaccia sul lago di Ledro, dove sorge l’ossario voluto dell’esercito italiano. La ricerca storica nei 460 faldoni dell’archivio di Stato di Torino ha portato Donato Riccadonna, Eleonora Pisoni e Luca Scoz a individuare 43.543 nomi che rappresentano la quasi totalità del Corpo Volontari italiani 1866. Tutte le regioni italiane vi erano rappresentate con 11.112 lombardi, 7.468 emiliani, 6.129 toscani, 1.921 marchigiani, 1.437 piemontesi, 1.275 laziali ma anche 54 sardi, 31 volontari della Basilicata, 27 del Molise e 8 valdostani. Tra i seguaci di Garibaldi anche persone delle terre italiane dell’allora impero austroungarico: 3.479 veneti, 421 giuliani, 199 trentini e 1 sudtirolese. La metà erano studenti di età tra i 18 e 20 anni. Tra loro c’erano anche personaggi che avrebbero scritto la storia italiana come lo scrittore Cesare Abba, il futuro presidente del Consiglio Benedetto Cairoli e Giovan Battista Pirelli, fondatore nel 1872 dell’attuale multinazionale.